Si può essere felici, nonostante le avversità della vita? Si, sviluppando un atteggiamento mentale positivo: resilienza, crescita post-traumatica e antifragilità, le parole chiave.
Il 28 giugno 2012 l’Assemblea Generale dell’ONU ha riconosciuto che la ricerca della felicità è uno scopo fondamentale dell’umanità, istituendo la Giornata Mondiale della Felicità che si celebra in tutto il mondo il 20 marzo di ciascun anno. Ma che cos’è la felicità?
Il termine felicità deriva dal latino “felix” che significa abbondanza, ricchezza, prosperità. In psicologia la felicità corrisponde a uno stato emotivo positivo, una sensazione di soddisfazione e benessere; la felicità viene quindi associata a un insieme di emozioni che procurano benessere in abbondanza.
Esistono due prospettive di benessere e quindi potremmo dire di definizione della felicità:
– felicità come piacere (benessere edonico): attività fini a se stesse in cui proviamo piacere;
– felicità come autorealizzazione (benessere eudaimonico): esperienze in cui mettiamo in campo le nostre risorse, raggiungiamo obiettivi e sviluppiamo il nostro potenziale.
Martin Seligman, psicologo americano che ha fondato la Psicologia Positiva, definisce la felicità come la sommatoria della quota fissa personale (ovvero la genetica che predispone piu’ o meno al buon umore e alle caratteristiche innate), delle circostanze della vita e dei fattori dipendenti dalla nostra volontà (modo di pensare, azioni): quest’ultimi sono i piu’ importanti ed, essendo sotto il nostro controllo, è possibile lavorarci su e progredire lungo un percorso che conduce alla felicità e al benessere.
Infatti ci sono eventi della vita che non possiamo controllare ma abbiamo potere sulla nostra reazione: sviluppare un atteggiamento mentale positivo permette non solo di godere delle situazioni belle ma anche di affrontare problemi e sofferenze, migliorando così la qualità della nostra vita. E’ indispensabile imparare ad accogliere i momenti tristi: senza la tristezza non potremmo comprendere la felicità. E da quella tristezza, da quelle difficoltà, possono nascere risorse e cambiamenti positivi: resilienza, crescita post-traumatica e antifragilità credo siano concetti importanti diretti al raggiungimento della felicità, comprendendo appunto la capacità di accettare e affrontare le inevitabili avversità della vita.
La resilienza è l’abilità di far fronte in modo positivo ad esperienze difficili grazie a caratteristiche come autostima, emozioni positive, ottimismo e supporto sociale, mentre la crescita post-traumatica fa riferimento ad una trasformazione positiva della persona che supera un’esperienza di sofferenza e il dolore che porta con sè, non tornando alla vita precedente ma percependo un miglioramento ad esempio nella percezione di sè (es. consapevolezza di sè e delle proprie risorse), nelle relazioni interpersonali (es. amplificazione dell’empatia e maggior capacità di manifestare con fiducia le proprie emozioni e di apprezzare l’aiuto e la vicinanza degli altri) e nella filosofia di vita (es. trasformazione degli atteggiamenti nei confronti della vita e della scala di priorità di valori). L’antifragilità indica la capacità di fronteggiare l’imprevedibile, traendo vantaggio da eventi negativi e dall’incertezza; è un passo in piu’ rispetto alla resilienza, e la crescita post-traumatica può essere vista come la risposta antifragile davanti ad una crisi. Con la resilienza si resiste, con l’antifragilità si migliora.
Concluderei con questo messaggio, che credo rappresenti un atteggiamento mentale che possa aiutare a raggiungere la felicità accettando anche la sofferenza della vita: “non è tanto ciò che ti accade, ma come reagisci a ciò che ti accade quello che conta” (Epitteto).
Dott.ssa Annalisa De Filippo
Psicologa Psicoterapeuta